Il Palazzo Marchesale, all’origine doveva essere sicuramente una costruzione feudale fortificata, utilizzata dai Sanseverino di passaggio nei loro possedimenti. Tuttavia gli eventi rilevanti avvenuti a Castelluccio e legati a questa antica famiglia principesca verosimilmente dovettero verificarsi in questa storica sede, come il matrimonio forse celebrato nell’attigua cappella, purtroppo non più esistente, dal Vescovo di Cassano Giovan Francesco Brusato, il 7 giugno 1464 tra Barnaba Sanseverino Signore di Castelluccio e Luisa Sanseverino contessa di Lauria, e nel 1551 la firma degli “Statuti di Laino”, presentati a Venceslao Sanseverino “…in Burgo Castellucii”. Tale palazzo seguì le sorti del feudo e dopo vari passaggi giunse ai Pescara Di Diano. Questi ultimi, dalla fine del ‘500, lo modificarono in diverse fasi e lo ampliarono, aggregandovi l’edificio preesistente e la cappella, intitolata a S.Domenico di Guzmàn ed aperta anche al pubblico culto (molti anni dopo anche il giardino adiacente fu indicato con questo nome). I nuovi proprietari lo adeguarono alle esigenze di una presenza continua e non più sporadica ed occasionale nella vita cittadina del feudo, appropriato al loro prestigio sociale e confacente al lustro degli eredi di una celebre stirpe. Divenne quindi il centro e l’immagine stessa del potere, raggiungendo le considerevoli dimensioni e l’imponente mole tuttora chiaramente visibili.
Sulla volta dell’androne dell’ingresso originario, sono affrescati gli stemmi, seguiti da altri emblemi araldici ed iscrizioni in latino, del nuovo signore, Camillo Pescara, e di suo figlio Cesare e delle loro consorti - discendenti del “miles Riccardus De Diano”- 1155 - che diedero origine al casato dei Marchesi di Castelluccio, Baroni di Agromonte e Signori di Trecchina (questa passò poi ai Vitale di Tortora, forse quale bene dotale per il matrimonio di Giovanna Pescara con il duca Alessandro, avvenuto a Castelluccio il 25 dic.1734). Sono chiare, pertanto, anche le armi dei Della Porta - marchesi di Episcopia, dei D’Afflitto e dei De Rogerio, che si confermano sullo stemma che sormonta il portale litico della fine del ‘500/inizi del ‘600.
Nella seconda metà del Settecento Vincenzo Antonio Pescara (1731-1809) – VI Marchese di Castelluccio - per le sue cariche militari, soggiornava per lunghi periodi a Napoli, lasciando l’amministrazione dei suoi beni a Don Francesco Saverio Taranto. Negli anni 1806-7 a Castelluccio vi fu l’occupazione militare francese e i soldati presero possesso del Convento Francescano e del Palazzo Marchesale: si immagina quali furono le conseguenze. Non sappiamo se vi fu un accordo con i proprietari, come non si conoscono i motivi che indussero i Taranto, nei primi dell’Ottocento, a muovere verso il sunnominato - ultimo legittimo feudatario - un’azione legale per cui questi dovette cedere loro tutta la parte del palazzo che costituiva l’ala Ovest, esclusi i corrispondenti loggiati sul cortile, e una buona porzione dei giardini sottostanti. Durante il Decennio Napoleonico, il 1° agosto 1806, fu emanata la legge sull’eversione feudale, con la conseguente abolizione dei privilegi e del diritto di primogenitura. Dopo la morte di Vincenzo Antonio, avvenuta nel 1809, la gran parte del palazzo di cui era ancora proprietario fu divisa, in parti più o meno uguali, tra i due figli maschi: Carlo Francesco (1754/1820) – VII Marchese di Castelluccio - primogenito ed erede del titolo, e Giuseppe (1770/1853), Cavaliere Gerosolimitano.
Al primogenito toccò la metà del palazzo, che comprendeva una piccola parte della facciata principale e tutta l’ala Nord, prospiciente lo slargo di via Roma, detto “la piazza”, con corrispondenti parti affacciate sul cortile.
Al figlio cadetto fu destinata la ripartizione detta “a mezzogiorno”, cioè le due ali Est (in parte ) e Sud, che comprendeva alcune sale rilevanti del piano nobile – come la galleria, grande porzione della facciata principale e la cappella di S.Domenico con annesso giardinetto omonimo. A tutto questo si univa il cortile con l’androne, la gradinata con il susseguente atrio d’ingresso e i corrispondenti sovrapposti loggiati, di cui quello superiore, con gli stemmi. Poiché la divisione includeva la rinomata sala di S.Onofrio, che prendeva il nome dal contiguo oratorio interno al palazzo, fu chiamata “Palazzo S.Onofrio”.Gli altri proprietari avevano sul cortile il solo diritto di passaggio.
Entrambi i fratelli vi abitarono soltanto sporadicamente. Carlo Francesco dimorava a Napoli con la sua famiglia, il cavaliere Giuseppe, per la sua carriera militare, viveva tra Napoli, Roma e Ronciglione, nel Viterbese. Palazzo S.Onofrio fu affidato ad un custode.
La legge eversiva della feudalità riconosceva ai feudatari una parte dei loro precedenti diritti, tuttavia si dovè procedere alla ripartizione delle terre, demaniali e feudali, con l’assegnazione delle stesse. In Basilicata fu istituita una Commissione Feudale, con un commissario ripartitore, che si riuniva a Lagonegro presso l’Intendenza di Basilicata e a volte nel Convento Francescano di Castelluccio Inferiore. Negli anni dal 1808 al 1813 vi furono cinque sentenze in merito al contenzioso tra l’ex feudatario – Marchese Carlo Francesco - con i due comuni di Castelluccio e il comune di Latronico (per il feudo di Agromonte). Il Marchese fu sempre rappresentato dall’amministratore Taranto.
Carlo Francesco contrasse, a Napoli e a Castelluccio, grossi debiti e ai creditori di Castelluccio furono impegnate molte stanze della sua ripartizione del palazzo, con tutto il loro contenuto e non furono più riscattate. Infine, nel 1815 fu venduta “Vigna della Corte”. Stessa sorte toccò, dopo la sua morte, alle terre dell’ex feudo di Agromonte, occupate dai coloni, dopo altre liti giudiziarie tra la vedova e il cognato Giuseppe (oggi, parte di quel vasto territorio viene detto, per "damnatio memoriae", "Peschiera").
Nel 1818, un figlio di Don Francesco Saverio, Luigi Antonio (1793/1849), medico come suo padre, sposò la figliastra di Carlo Francesco, Maria Giuseppa Amalfitani. La coppia scelse, come residenza coniugale, la parte del palazzo espropriata al defunto marchese Vincenzo Antonio.
Maria Giuseppa Amalfitani, nata nel 1797, era figlia del marchese di Crucoli, Don Nicola, e della sua 2^ moglie, Maria Gaetana Dolci, poi sposa di Carlo Francesco. Sua nonna, Maria Anna Pescara, madre di Don Nicola, era sorella di Vincenzo Antonio.
Maria Giuseppa comprò, dai creditori di Carlo Francesco, le stanze confinanti per annetterle alla sua ripartizione. Lo stesso cercò di fare con il Cavaliere Giuseppe, senza riuscirvi.
All’accesso ai giardini, i Taranto aggiunsero un altro ingresso, sull’attuale via Roma e da qui nacquero i primi contrasti sul passaggio dal cortile.
Il Cavaliere Giuseppe Pescara vendè, nel 1849, palazzo S.Onofrio, con annesso giardinetto di San Domenico, all’avvocato e deputato del Regno di Napoli Giovanni Salerno. Non si sa se questi vi abbia mai abitato, poiché risiedeva a Napoli, ove aveva studio legale. E’ con questa vendita che i Pescara uscirono definitivamente di scena da Castelluccio.
La situazione del palazzo, intorno al 1852, come si rileva nel libro “Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato” di F.Cirelli – nella parte curata dal castelluccese Gaetano Arcieri - era la seguente: “Il palazzo marchesale era magnifico. Decorato di due piani, di figura rettangolare, è tuttavia, malgrado le degradazioni, ancor bello. Vi alloggiavano nella occupazione militare fino a 300 francesi. E’ tuttavia il primo edificio del paese. Ampie le sale, belle le stanze, vasto il cortile, spaziosa la gradinata. Eravi un’alta torre al mezzo giorno ed occidente, nido di colombi. La fronte orientale domina il largo della chiesa, la nordica la piazza, e l’occidua sporge sul giardino sottoposto ai marchesali appartamenti, a vista del monistero dei Padri Osservanti. Rimarchevole per ampiezza, per ornati, e dipinti storici tratti da Tito Livio sulle magnifiche gesta dei Romani era la così detta sala di S.Onofrio, poiché ad essa adiacente era la cappella a questo santo dedicata, la quale, abbenchè squallida, presenta ancora un effigie dell’antica grandezza. Rimpetto al palazzo ad oriente era il bello e grande teatro”, poi: “Uno dei quarti forma ora la caserma di Gendarmeria, l’altro è addetto a pubblica locanda. Un terzo col quarto superiore è occupato dagli eredi Taranto, e tutto il rimanente è acquisto del signor D. Giovanni Salerno”, infine, descrivendo i giardini e la Cappella dei Sette Dolori (Vigna della Corte), prosegue:”All’occidua parte dell’abitato (del paese), e poco discosto dal Monistero dè Minori Osservanti è questa cappella di patronato gentilizio dè Marchesi, i quali avean colà uno specioso latifondo con superba casina, innanti la quale sta disposta.Aveanvi un ampia strada guarnita da folte parallele di alti pioppi, che nascendo dal di loro palagio e cavalcando il fiume S.Giovanni, andavano in linea retta a rompersi innant’il detto casamento. Al cui termine era un luogo di riposo con tavola, sedili e colonnati di fabbrica vagamente ombreggiati, e dall’altro lato una grande piscina abitata da anguille e capitoni. Ora le delizie marchesali essendo cadute con la baronal potenza, né la strada, né il luogo di ricreazione è più riconoscibile: soltanto la piscina esiste, ma molto degradata; così pure il casamento. Tutto è venduto, ma è consolante che gli acquirenti sentono la voce interna della Religione, mantenendo la cappella dell’Addolorata aperta al pubblico culto”.
E’ evidente quindi che la parte del palazzo che era stata destinata a Carlo Francesco, pegno dei suoi creditori, fu adibita, dopo altri probabili passaggi di mano, a “pubblica locanda” e “caserma di Gendarmeria”, forse con altri ingressi. Ma nel 1865 un nuovo proprietario, acquistando stanze e locali, ristrutturò gran parte dell’ala Nord, che fu detta “palazzo nuovo” ( o Brandi), realizzando un altro ingresso indipendente con elegante portale in pietra.
Poco dopo, alla ripartizione dei Taranto-Amalfitani - che conservava le memorie storiche dei Pescara, gli arredamenti originali e una galleria di ritratti - fu aggiunta la palazzina su via Roma, che fiancheggia anche vico Santa Veneranda, e la bella scala con balaustrini. Sul portale, realizzato qualche tempo dopo in marmo grigio, fu posto lo stemma dei Gioia, che è lo stesso della loro antica residenza di via Giardini. Per entrambe le costruzioni fu utilizzato anche il cosiddetto “larghetto marchesale”.
La residenza dell’amministratore, il medico D. Francesco Saverio Taranto, era il palazzetto di via Giardini, dove andò ad abitare dopo il suo matrimonio con Maria Teresa Gioia. I coniugi Taranto/Amalfitani continuarono a mantenere la proprietà di via Giardini (e così i loro discendenti), pur abitando nel palazzo marchesale con i numerosi figli. Solo una di questi avrà successori, Luisa Maria Vittoria, che sposò il notaio Nicola Maria Gioia, forse un cugino, ed ereditò dalla madre e dai fratelli, il suddetto comparto del palazzo con il pur vasto giardino sottostante, quello che era rimasto dopo il frazionamento. Quindi a quest’ultima subentrarono i figli: Luigi – sacerdote, Antonio – medico a Napoli, poi rientrato a Castelluccio, Ignazio – vescovo a Recife, in Brasile, Concetta e Amalia, entrambe nubili. Dopo la morte dell’ultimo proprietario, il medico D. Antonio Gioia, avvenuta negli anni ’50 del secolo scorso, l’unico erede, un nipote residente in Brasile, vendette tutto il comparto, frazionandolo tra più famiglie. Gli arredamenti originali, le collezioni d’arte - arricchite anche dai Taranto e dai Gioia, e la galleria di ritratti, erano già stati alienati anni prima andando dispersi e facendo la fortuna di vari antiquari.
L’azione legale dei Taranto contro Vincenzo Antonio, la divisione della parte rimasta del palazzo fra i due fratelli, l’appropriazione da parte dei creditori di Carlo Francesco, delle sale e dei grandiosi saloni con la conseguente divisione degli stessi, stravolgendone il percorso originario e cambiandone l’uso nobile cui erano stati destinati, portarono l’edificio, che in senso unitario aveva per secoli rappresentato la “baronal potenza”, ad un rapido declino.
Il palazzo era stato concepito come residenza aristocratica e non solo le sale, ma ogni ambiente aveva una sua funzione specifica, un suo nome proprio, un suo valore rappresentativo e tutti facevano parte di un itinerario bruscamente interrotto dalle spartizioni senza senso, solo adatte alle esigenze dei nuovi proprietari. Per un palazzo feudale di provincia i cambiamenti derivanti dall’abolizione del maggiorasco e dal conseguente frazionamento delle proprietà fondiarie, dovevano essere traumatici, non così per i palazzi nobiliari cittadini.
La parte del palazzo detta di Sant’Onofrio, fu venduta nel 1865 dal Salerno ad un suo lontano parente, Giovanni Bevilacqua (1815-1880) – commerciante. Il Bevilacqua rappresentava il nuovo ceto sociale in ascesa e aveva sposato nel 1846 Maria Giovanna Roberti (1824-1890), figlia di Don Pietro - proprietario terriero - e di Donna Maria Teresa Pennella.
L’acquirente pagò il prezzo pattuito in due rate, una al momento dell’acquisto e l’altro nello studio legale dell’avvocato Salerno, a Napoli.
Ritratto di Giovanni Salerno - 1° acquirente di Palazzo Sant'Onofrio
-per gentile concessione della defunta Sig.ra Ines Roberti - Castelluccio Inferiore-
I contrasti tra i Bevilacqua e i Taranto/Amalfitani - e poi Gioia - sul diritto di passaggio dal cortile, nati già con il Cavaliere Giuseppe e proseguiti con il Salerno, si acuirono enormemente, portando in seguito anche alla demolizione della scala che metteva in comunicazione il cortile con la loro proprietà. Dopo la morte del Bevilacqua, nel 1880, si aprì una rabbiosa vertenza giudiziaria tra i suoi eredi e i successori del Salerno. La controversia era esasperante, fastidiosa e assunse carattere persecutorio; veniva riaperta ad intermittenza e si trascinò per ventisette anni. Gli eredi di Giovanni Salerno: la vedova – Elisa Ghio, il secondo marito di questa e nipote del Salerno – Giovanni Grisolia, anch’egli avvocato, la figlia minore, di cui era patrigno e tutore – Maria, furono contro i Bevilacqua, a cui contestavano le cose più incredibili, come la falsità del contratto di acquisto. Nel frattempo che la diatriba proseguiva negli anni, Maria Salerno raggiunse la maggiore età e si sposò con Don Sebastiano Pignatelli dei Duchi di Montecalvo, marchese di San Marco Lacatola, titolo che spettava ai secondogeniti della sua famiglia. Ma la principale vittima dell’inganno era l’avvocato Giuseppe Poderico di Napoli, verso cui il Grisolia aveva debiti di gioco. Erano tutti alleati a danno dei Bevilacqua, che alla fine vinsero la causa con una sentenza della Corte di Cassazione in Napoli dell’8 giugno 1907, ma per altri versi ne uscirono sconfitti; in quel lasso di tempo, avevano comunque continuato ad abitare nel palazzo, considerandolo proprio.
I reali artefici di questo dissidio, come si scoprì poi, a causa dei dissapori sui diritti del cortile, erano i due fratelli, Giovanni e Cesare Taranto, figli di Luigi Antonio e di Maria Giuseppa Amalfitani di Crucoli, forti della classe sociale a cui appartenevano.
Giovanni Bevilacqua - mio trisavolo - aveva adibito i locali a piano terra, corrispondenti largo San Nicola – allora “del Plebiscito”, a spaccio di caffè che importava dal Brasile – da Vitòria, dove il figlio Gaetano era nel frattempo emigrato. I locali del cortile e le ex scuderie furono destinati a locanda con cambio di cavalli, specie per i trainanti che attraversavano la statale 19 delle Calabrie, fino ai primi del Novecento, tanto che il cortile veniva chiamato (oltre che “cortile dei Bevilacqua"), “la taverna” , nome che nel lessico locale è tutt’ora rimasto.
Il palazzo S.Onofrio ebbe ulteriori divisioni fra gli eredi dei Bevilacqua, divenendo a sua volta un condominio tra persone non più legate da stretti vincoli di parentela, sino a quando subentrarono nuovi acquirenti del tutto estranei, tuttavia i discendenti di Giovanni Bevilacqua ne sono ancora oggi proprietari di una una parte rilevante.
Nonostante le manomissioni e gli usi impropri, il Palazzo Marchesale conserva ancora un certo fascino, oltre a pregevoli decorazioni di epoca barocca.
Della facciata principale, oltre al portale con lo stemma, rimane oggi anche il balcone di ordine catalano, con i basamenti in pietra “reciprocamente sporgenti”. Il grande portone fu sfondato durante l’ultima Guerra Mondiale, con grave danno e il conseguente abbandono, ma nel 2006 è stato restaurato recuperando al massimo il materiale originale.
L’intero immobile è stato sottoposto ai vincoli previsti dalla Legge n.1089 del 1° giugno 1939, con decreto del Ministero dei Beni Culturali del 17 aprile 1999.
Nelle antiche descrizioni, il grande cortile del Palazzo Marchesale viene riferito grandioso e scenografico, così realmente doveva essere. Il visitatore, varcato il gran portone e l’androne d’ingresso, si trovava di fronte un elegante portico - che conduceva alle scuderie e al giardino - sul quale erano due loggiati sovrapposti – “la gran loggia”. Il loggiato al primo piano costituiva il vestibolo, a cui erano collegate due scale, “la gradinata”. Un altro loggiato, sempre nel cortile, era posto frontalmente a questi, al secondo piano, comunicante con altre logge sulla facciata principale esterna, sopra l’androne. Il loggiato del secondo piano, situato davanti a chi entrava nel cortile, aveva una funzione particolare, altamente celebrativa, dimostrata all’esterno, oltre che dall’elemento architettonico delle serliane - ripreso poi nella palazzina Pateras Pescara di via Giulia, a Roma - dalla singolare decorazione della facciata, dalle cui tracce rimaste si intuiva che gli elementi ornamentali includevano, com’era consuetudine, i volti degli imperatori romani. Al suo interno le pareti erano affrescate con decorazioni a motivi fogliacei e floreali, a guisa di albero, inserite in una banda di circa un metro di larghezza che correva per tutto il perimetro, poco sotto il soffitto. Da ogni viluppo vegetale usciva a intermittenza lo stemma dei Pescara, congiunto a quello del casato della sposa - se il personaggio era sposato - sotto corrispondeva un cartiglio con i nomi, le cariche e i titoli nobiliari. La serie dei nomi incominciava da Riccardo De Diano, proseguendo fino ai Marchesi di Castelluccio. Le date più remote erano sicuramente quelle di cui si aveva notizia dei personaggi, rilevate da antichi documenti o da tradizione orale, mentre per quanto riguarda le date che si riferiscono ai feudatari di Castelluccio si può ipotizzare che siano quelle dell’attribuzione del potere feudale di padre in figlio – forse al momento del pagamento del “relievo” - poichè venivano menzionati, in quella fase, solo i primogeniti investiti del titolo. E’ anche probabile che, fino al primo feudatario di Castelluccio, nell’avvicendamento dei nominativi non vi sia un rapporto diretto di padre in figlio, ma solo una citazione del personaggio. Certamente l’insieme doveva essere unito dai ritratti, idealizzati quelli più antichi e reali quelli più recenti. Un esempio simile a tale monumento celebrativo lo vediamo anche nei palazzi e nei castelli di altre famiglie nobili, specie nel Nord Italia: emblematico è quello della galleria degli stemmi del castello Masino, in Piemonte, ove nello stesso modo è illustrata tutta la discendenza diretta maschile. A mio parere, il committente di tale opera doveva essere sicuramente Carlo Francesco (1690-1761) - V marchese di Castelluccio - a giudicare dal periodo di realizzazione dell’opera - 1^ metà del Settecento. Egli, dopo un lungo e consolidato potere feudale della sua famiglia, così facendo ha voluto onorare la memoria dei suoi avi e trasmetterla ai posteri.
Nell’iscrizione che riguardava lui e sua moglie si evidenziava un particolare fregio decorativo, che forse non era casuale e che la distingueva da tutte le altre. Dopo di lui non vi sono riferiti i nomi dei successori e non si comprende se era consuetudine annotarli quando erano o no in vita. Seguivano i cartigli già predisposti, ma vuoti e non vi compare neanche Vincenzo Antonio, che fu feudatario legittimo fino al 1806, e sua moglie Felicita Marulli. E’ certo che la galleria all’inizio dell’Ottocento faceva parte della ripartizione assegnata al Cavaliere Giuseppe, al quale forse non interessava aggiornarla. In corrispondenza del cartiglio vuoto, le decorazioni venivano cancellate per far posto allo stemma che, mentre per i Pescara era sempre lo stesso, per le loro mogli era diverso. La galleria, dopo di Giuseppe Pescara, passò al Salerno, poi al Bevilacqua e ai suoi discendenti. Nelle ulteriori divisioni e vendite che seguirono la galleria si trovò inclusa in una nuova abitazione i cui proprietari la mantennero quasi integra fino agli anni novanta, allorché, con mio grande rammarico, scrostarono i dipinti e ne ricavarono altre stanze. Tutti i miei sogni di infanzia e di adolescenza erano presi da questo spazio magico e affascinante, di cui oggi abbiamo solo una testimonianza fotografica.
La “Galleria degli Stemmi”, come mi sembra giusto ed appropriato chiamarla, doveva essere nel Settecento e nell’Ottocento anche meta di visitatori – forse del “Grand Tour”- a giudicare dalle firme che potei vedere sulle pareti.
Le epigrafi erano scritte in latino e, anche se molto concise e a primo impatto enigmatiche, insieme con gli emblemi araldici, raccontavano “La Storia”. Dalle iscrizioni si poteva osservare come i Pescara fossero legati alle più grandi famiglie del Regno di Napoli: D’Aquino, Correale, Brancaccio (Beatrice apparteneva alla linea detta “del Vescovo”), Della Porta, D’Afflitto, De Rogerio (oggi De Ruggiero), Sersale – principi di Castelfranco (oggi Castrolibero). Vi sono ricordati personaggi con cariche notevoli, tra cui due arcivescovi di Napoli (nella sacrestia del Duomo, ove sono i ritratti, sono riportati con il cognome Di Diana), Cavalieri di San Giacomo, Commendatori di Sant’Eufemia. Mi attirano soprattutto le personalità femminili. La prima moglie di Cesare Pescara era Proserpina D’Afflitto, ma nella genealogia della sua famiglia il suo nome viene riportato come “Prosperina” . Il committente della galleria non poteva non sapere il nome esatto della sua progenitrice, inoltre, mediante l’esecutore materiale di tale realizzazione, con un gioco di stemmi e di insegne araldiche, ci tramandava che la discendenza continuò, almeno per il primogenito ed erede del titolo, dalla prima moglie e non da Caterina De Rogerio. Seguiva Maddalena Longobardo – Signora di Teana, Francesca Pescara - della linea ducale di Saracena, per la quale ancora una volta sono gli stemmi che si manifestano se interpretati in modo giusto: era figlia di Vittoria Giffoni d’Aragona. Veniva poi Maria Sersale, il cui busto è esposto nella chiesa madre di Castelluccio, insieme a quello del marito. Mi ha sempre attratto il personaggio della Marchesa Barbara, il cui nome non si è più ripetuto nella discendenza. Barbara, figlia di Saverio Pascale e di Marianna Tauro, apparteneva a una nobile famiglia di Cosenza, e la madre era una valente poetessa e letterata del XVII sec., iscritta all’Accademia Cosentina. Sicuramente lei aveva composto la commovente iscrizione sulla tomba del marito, in Santa Maria delle Grazie, ai piedi dell’altare della Madonna di Costantinopoli concesso in giuspatronato. Si ricorda, dai discendenti, la presenza di Carlo Francesco e Barbara ad Episcopia nel gennaio del 1728, per il battesimo della primogenita dei marchesi Carlo Francesco Della Porta e Gabriella Vargas Machuca, Regale Elisabetta Giovanna.
Dal Manoscritto Serra di Gerace, risulta che il matrimonio tra Barbara e Carlo Francesco sarebbe avvenuto nel 1708. Poiché nell’atto di morte nei registri parrocchiali di San Nicola, a Castelluccio, si rileva che Barbara è morta a 72 anni nel 1774, si evince che era nata nel 1702, quindi nel 1708 aveva soltanto 6 anni. I matrimoni nelle famiglie nobili di quel tempo venivano programmati dai genitori fin da quando i figli erano molto piccoli, ma che fosse addirittura celebrato sembra impossibile. Se così è stato, la sposa sarà rimasta con i genitori fino a raggiungere l’età ritenuta giusta per poter andare a vivere con il marito. D’altra parte, un’altra Barbara, la marchesa di Mantova, andò sposa a Ludovico Gonzaga all’età di 10 anni. -
Barbara e Carlo Francesco ebbero 6 figli, mentre Vincenzo Antonio e Felicita Marulli ne ebbero 12. Qualcuna delle figlie femmine, di entrambe le coppie, furono monache nei più importanti conventi del tempo, a Napoli – alla Croce di Lucca - e a Salerno.
Felicita – variante del terzo nome della nonna materna, Anna Maria Felicia Gritti - era figlia del conte di Barletta, Troiano Marulli, altra importante casata del Regno di Napoli. La madre, Morosina, proveniva dalla famiglia Thurn und Taxis. Il nome Morosina fu trasmesso, poi, a una figlia della suddetta coppia e lo troviamo per qualche tempo, con alcune variazioni, tra le esponenti delle famiglie notabili di Castelluccio. Tra le figlie di Vincenzo Antonio e Felicita Marulli, Maria Rachele e Maria Anna meritano una speciale considerazione. La prima sposò il cugino Don Gabriele Baffa Trasci Amalftitani dei Marchesi di Crucoli, ma morì di parto all’età di 27 anni, nel 1800. Don Gabriele era uno dei più convinti filo-borbonici della sua epoca e combattè da eroe nel celebre assedio di Amantea del 1806.
L’altra sorella, Maria Anna, sposò in prime nozze il nob.Michele Gentile dei Conti di Lesina, da Barletta, da cui ebbe due figli, un maschio - Diego, che ereditò poi il titolo paterno - e una femmina. Rimasta vedova dopo poco tempo, si risposò con il nobile Antonio Raffaele Doria, figlio del Principe Giovan Stefano e di Maria Giuseppa Germano Doretti. Antonio Raffaele nacque l’11-6-1766 a Crotone, dove il padre era capitano dell’esercito borbonico e governatore della città, ma studiò a Napoli ove divenne uno degli uomini di maggior spicco della fine del Settecento. Partendo da Tenente di Vascello, durante la Repubblica Partenopea del 1799 si schierò contro i Borbone, ricoprendo la carica di Ministro della Marina e arrivando ad essere uno dei 25 Rappresentanti del Governo. Alla caduta della Repubblica Partenopea pagò con la vita la sua fede repubblicana il 7 dicembre 1799, a Napoli in piazza Mercato.
Tutti i suoi beni furono confiscati e Maria Anna, vedova per la seconda volta, fu costretta ad affidare i quattro figlioletti nati dalla loro unione – Giovanni – Orazio – Andrea e Giuseppina, alle sorelle sposate: la sua fine è avvolta nel mistero; pare che fosse entrata in un convento e avesse preso i voti.
Castelluccio Inferiore 26 novembre 2010
Giuseppe Pitillo
Si ringrazia per la collaborazione:
-Marchese Carlo Francesco Pateras Pescara di Castelluccio – Atene (Grecia)
-Marchese dott.Atanasio Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli – Santa Sofia d’Epiro (CS)
-Marchese dott.Atanasio Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli – Santa Sofia d’Epiro (CS)
-Prof.ssa Flora Taranto Esposito – Castelluccio Inferiore (PZ)
Fonti consultate:
-“Archeologia Arte e Storia alle Sorgenti del Lao” –Catalogo della mostra “Castelluccio: un centro ‘minore’ tra beni culturali e memoria storica” – a cura di Paola Bottini – BMG – Matera – 1988
-Registri parrocchiali Chiesa di San Nicola di Mira – Castelluccio Inferiore-Manoscritto Serra di Gerace - Archivio di Stato di Napoli
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I FEUDATARI DI CASTELLUCCIO PRIMA DEI PESCARA
CASATO “DI LAURIA”
Giacomo ( detto “il Vecchio”)
1268
Roberto
dopo il 1268
Ruggero I
detto “il Grande Ammiraglio” morto nel 1305 – testamento del 10-9-1291
detto “il Grande Ammiraglio” morto nel 1305 – testamento del 10-9-1291
Ruggero Berengario
1305
Ilaria
1340
Niccolò
dopo il 1340
Giovan Carlo
1405
Tutti i suddetti vengono denominati anche “Signori di Castelluccio”.
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Da Padre Russo "STORIA DELLA DIOCESI DI CASSANO" pag.86:
"1464, giugno 7, ind. XII, Castelluccio (Basilicata) [N.B.: la notizia si riferisce a Castelluccio Inferiore]
ISTRUNENTO ORIGINALE per not. Giovannello Solderio di Auletta, giudice a contratti Nicola de Soria di Buccino - Testimoni sottoscritti: Geronimo di Sanseverino, conte di Chiaromonte e Gagliotta Mocza di Napoli.
Nella cappella ordinata e costruita dal vescovo Giovan Francesco (Brusato) di Cassano ed alla presenza di Roberto di Sanseverino, conte di Marsico, Sanseverino e Tursi, principe di Salerno e Ammiraglio del Regno, e di Mita Caracciolo contessa di Lauria, il vescovo Giovan Francesco, durante la celebrazione della messa, congiunge in matrimonio Barnaba di Sanseverino e Luigia di Sanseverino, figlia della detta Mita e madre e figlia dichiarano che essa Luigia non era stata in alcun modo dotata, ma che si riservava il diritto di succedere nella contea di Lauria, al vecchio genitore, che non aveva figli maschi, e nei beni che erano stati del fu Francesco di S. Severino, duca di Scalea."
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Nel corso del sec.XV subentrarono i SANSEVERINO *, ma nel XVI sec., con il matrimonio di Antonia Sanseverino dei Principi di Salerno con Giovambatista Cicinelli, i feudo passò al figlio Galeazzo con il titolo di barone, succedendo così la famiglia napoletana CICINELLI.
* "Nel 1462 Barnaba Sanseverino prende possesso di Castelluccio" - Padre Russo:"Storia della Diocesi di Cassano".
Attraverso altri passaggi seguirono i PAMIERI, nel 1550 Barone di Castelluccio e di Latronico con il feudo di Agromonte, era Giovannantonio Palmieri.
Si rileva da ciò che alla stipula degli “Statuti di Laino”, avvenuta a Castelluccio da parte di Venceslao Sanseverino nel 1551, la sua famiglia non ne era più feudataria.
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LE ISCRIZIONI DEL LOGGIATO – O GALLERIA –
DEGLI STEMMI DEL PALAZZO MARCHESALE
DI
Riccardus de Diano – miles
1155
seguono gli altri nomi:
Petrus S.R.E. Presbyter Cardinalis
1185
Ioannes – miles
Adelicia Galliciana
1202
Franciscus Dominus huius Castellucii,
casalis Sancti Petri de Diano, magnificus ostiarius
et Calabriae Pro Rex –
Isabella…….
1324
figlio del precedente- Giovanni
Onuphrius R. Cam. Praesidens
et Neapoli Domicellus –
Ippolita Pisce
1403
Gaspar Archiep. Neapolitanus
1438
Angelus Fessani Dominus –
Caterina Correale
1455
Angelillo, Signore di Fessano - figlio di Marino
Angelillo, Signore di Fessano - figlio di Marino
Petrus Episc. Marsicensis
1456
Pietro Antonio – figlio di Angelillo
Pietro Antonio – figlio di Angelillo
Camillus -
Martia de Angelo
figlio di Marino II (qui non menzionato) e di Giovanna Correale, e nipote di Angelo
1496
Robertus
figlio di Marino II e fratello di Camillo I –
Isabella Castaldo
[sorella di Giovanni Battista Castaldo, di cui eredita tutti i titoli]
1510
Ioa. Alphonsus
figlio di Roberto e di Isabella Castaldo Marchio Cassani (Cassano Irpino),
Comes Pladene et Bimaschi [tutti titoli ereditati dalla zio materno]
et Generalis Dux
D. Beatrice Brancatio
1530
Jacobus
(di incerta collocazione)
Lucritia …….lo…
1532
Fabritus ………….
figlio di Camillo e di Martia de Angelo e capostipite dei Marchesi di Castelluccio
Sveva Bigolta
ex Campori Dominis
1534
Barnabas eques S. Jacobi et
Commendatarius
1536
-figlio di Camillo e di Marzia de Angelo - e fratello di Fabrizio I - Cavaliere di San Giacomo, Commendatore di Avellino, Duca della Cavalleria di Re Carlo I. Non è menzionato dal Serra di Gerace e quindi di collocazione un po’ incerta. Nelle iscrizioni delle lapidi di Saracena viene erroneamente riportato come nipote di Giovanni Alfonso, in realtà dovrebbero essere cugini; oppure Roberto, padre di Giovanni Alfonso, era figlio di Camillo I e fratello di Barnaba, quindi, se le cose stavano così, Barnaba è zio di Giovanni Alfonso, ma non il contrario-
Camillus Dnus Castellucy et Trichinae –
Laudomia de Porta
figlio di Fabrizio e di Sveva……….
1559
Marcus Antonius –
fratello di Giovanni Alfonso e figlio di Roberto
Beatrix de Tufo dei patrizi di Aversa
1562
Fabritius –
Vincentia Cotogno
figlio - forse primogenito - di Camillo e di Laudomia Della Porta - che probabilmente non ha discendenti, e fratello di Cesare. E' ricordato solo nella Galleria degli Stemmi.
1589
Pater D. Andrea Clericorum Regularium Praeposiytus
Generalis
(senza data)
di incerta collocazione in questa fase, l'iscrizione è senza data, non si sa se non c'è mai stata o se cancellata dal tempo ed il personaggio è celebrato anche in una delle lapidi di Saracena, quindi forse è qui ricordato come comune alle due linee, ducale e marchesale
seguono i Marchesi di Castelluccio, di padre in figlio, fino al V, morto nel 1761
figlio di Camillo e di Laudomia della Porta |
Michael Angelus IV Marchio Castellucy
et Dominus Agrimontis –
D. Maria Sersale et de Principis Capuae, Surrenti,
Castrifranchi et Cerisani Ducibus
Nella Galleria degli Stemmi non vengono ricordati, comprensibilmente, i due personaggi Angelo II e Marcello, in quanto appartenenti esclusivamente alla linea ducale, ma non vi è citato, stranamente, neanche Marino II, che è un avo comune alla due casate, mentre si elencano Angelillo (Angelus…..) e solo il primo Marino.
Nelle iscrizioni commemorative della Chiesa di San Leone a Saracena, vengono invece celebrati Camillo I (avo comune alle due casate), Angelo II e Marcello, quali Signori di San Lorenzo, rispettivamente nonno, padre e nipote; invece non sono menzionati né Angelillo (Angelo I) né i due Marino (nonno e nipote).
Seguono altre immagini della Galleria degli stemmi
Emblemi Pescara Di Diano, D' Afflitto e De Rogerio, dall'iscrizione riferita a Cesare Pescara - I Marchese di Castelluccio |
Stemma di Carlo Francesco Pescara Di Diano - III Marchese di Castelluccio - e di sua moglie - Francesca Pescara di Diano di Saracena, con le armi delle due casate e della famiglia Giffoni d'Aragona |
Vengono qui esposte solo le foto migliori della galleria degli stemmi, sapientemente rielaborate; non vi sono altre testimonianze fotografiche.
Furono fatte solo sugli stemmi e sulle iscrizioni che ancora esistevano, poichè gli altri stemmi e le altre iscrizioni, nelle successive divisioni del palazzo, erano stati inglobati in un' altra abitazione e quindi già cancellati da tempo. Pertanto gli altri nomi sono stati rilevati dal già citato libro “Il Regno delle Due Sicilie Descritto ed Illustrato”.
Furono fatte solo sugli stemmi e sulle iscrizioni che ancora esistevano, poichè gli altri stemmi e le altre iscrizioni, nelle successive divisioni del palazzo, erano stati inglobati in un' altra abitazione e quindi già cancellati da tempo. Pertanto gli altri nomi sono stati rilevati dal già citato libro “Il Regno delle Due Sicilie Descritto ed Illustrato”.
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Stemma dei Marchesi Carlo Francesco e Barbara, particolare della tela di Giuseppe Sassone - datata 1757, posta sull'altare della SS.Trinità nella Chiesa di S.Nicola di Mira - Castelluccio Inferiore - di patronato della famiglia Arcieri
Stralcio dell'atto di morte della Marchesa Barbara, dai Registri Parrocchiali
di S.Nicola di Mira in Castelluccio Inferiore:
”Die decima nona mensis aprilis 1774 Excellma D. Barbara Pascale Marchionisa oppidi
Castellucii, ……. et sepulta est in Eccla . PP.Minor. de Observantia S.Mariae Gratiarum”.
Atti di nascita di due figlie di Vincenzo Antonio e Felicita Marulli, come si rilevano dai suddetti registri
”Die decima terzia m. julii 1773
Maria Rachel filia Excmorum DD. D.Vincentii Antonii Piscara de Diano,
et D.Felicitatis Marulli coniugum, Marchionum hujus Oppidi Castellucii ,
pridie nata, hujus ….. S.Nicolai Epi baptizata fuit in Sacello Marchionalis Palatii
a Rev. D. Francisco Gioia Arhiep. Ed Pni fuere
Exmi DD. D. Dominicus Piscara, et D. Maria Victoria Piscara”
*****
”Die sexta m. octobris 1776. Maria Johanna Francisca
Aloysia Candida Antonia filia Excellmorum
DD. D. Vincentii Antonii Piscara de Diano,
et D. Felicitatis Marulli coniugum, Marchionum hujus Oppidi Castellucii,
pridie nata, baptizata fuit in Sacello Marchionalis Palatii
de ….. Illmi et Rmi D.DJohannis Baptae Coppola Epi Cassanen
a R.D. Francisco Gioia presbitero, et Pni fuerunt
Excmi D. Joseph et D. Maria Victoria Piscara baptae fratres”.
ISCRIZIONE, TRADOTTA DAL LATINO, POSTA SULLA LAPIDE DELLA TOMBA PESCARA IN SANTA MARIA DELLE GRAZIE, IN ORIGINE AI PIEDI DELL’ALTARE DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI, CONCESSO IN GIUSPATRONATO
"A CESARE PESCARA DI DIANO, ESAURITE LE CONOSCENZE IN ENTRAMBE LE AREE DEL DIRITTO,AMMINISTRATE LE PREFETTURE IN NOME DEL RE, ASSAI FAMOSO PER L’ANTICHITA’ DELLA STIRPE, SIGNORE DELLA CASA PESCARA DI DIANO, MARCHESE DI CASTELLUCCIO, PRIMO BARONE DI AGROMONTE, ED AL FIGLIO DI LUI PRIMOGENITO MICHELANGELO, EREDE DEL NOME E DELLA VIRTU’ DEL PADRE, AGLI OTTIMI NONNO E PADRE, CARLO FRANCESCO, ACCOLTO NEI MEDESIMI TITOLI, PRESSO L’URNA DELLE CENERI DOMESTICHE, CHE IL MEDESIMO ANIMO CONGIUNGE MENTRE ERANO ANCORA IN VITA, FECONDA DELL’IMMORTALITA’ AVITA, IL MEDESIMO TUMULO INDICE DEL SUO AMORE
1645"
*****
Lapide sepolcrale di Saverio Pascale, già nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie - Castelluccio Inferiore - |
traduzione dal latino
A Dio Ottimo Massimo
In omaggio all’unica figlia, sposata al Marchese di Castelluccio, Maria Anna Tauro moglie mestissima, pose questo monumento per Saverio Pascale – patrizio cosentino – (morto) nel settantatreesimo anno della sua vita, compiendo così lo struggente desiderio di rivederlo nell’estremo momento del distacco.
Nell’anno del Signore 1729
*****
In epoca imprecisata, ma comunque nel Seicento, sorse una controversia tra i frati del Convento dei Padri Minori Osservanti e il Marchese, come si rileva, in latino in G.N. Molfese “Memorie storiche di Basilicata” – cap. XVII:
“DE CONVENTU NATIVITATIS BEATAE MARIAE TERRAE CASTELLUCII ………..Ponderentur Verba, ad eos pleno Iure spectantem, et erubescens sileat Calumniator Marchio, Observantiae inimicus, nostrae Provinciae livore paterno persequutor indefexus, et Ecclesiastici Dominii usurpator……..”
*****
Dalla Storia della Diocesi di Cassano di P.F.Russo, si apprende:"Giugno 1724 - Indulto oratorio privato in civ e dioc. Cassano per Carlo Francesco Pescara e Barbara Pascale marchesi di Castelluccio (et in loco eorum jurisdictionis temporalis)".
La concessione riguardava quindi la cappella di S.Onofrio, che probabilmente fu costruita intorno a quegli anni, addossandola al palazzo ed utilizzando una parte del giardino. Tale soluzione nacque probabilmente dall'esigenza di avere un luogo di raccoglimento più intimo ("sacello marchionalis palatii"), al contrario della cappella di San Domenico, sebbene in quest'ultima vi era un finestrone che dava la possibilità ai signori di partecipare ai riti religiosi in incognito e lontano dal pubblico.
Dalla Storia della Diocesi di Cassano di P.F.Russo, si apprende:"Giugno 1724 - Indulto oratorio privato in civ e dioc. Cassano per Carlo Francesco Pescara e Barbara Pascale marchesi di Castelluccio (et in loco eorum jurisdictionis temporalis)".
La concessione riguardava quindi la cappella di S.Onofrio, che probabilmente fu costruita intorno a quegli anni, addossandola al palazzo ed utilizzando una parte del giardino. Tale soluzione nacque probabilmente dall'esigenza di avere un luogo di raccoglimento più intimo ("sacello marchionalis palatii"), al contrario della cappella di San Domenico, sebbene in quest'ultima vi era un finestrone che dava la possibilità ai signori di partecipare ai riti religiosi in incognito e lontano dal pubblico.
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DALLE LAPIDI DELLA CHIESA DI SAN LEONE A SARACENA
Traduzione dal latino
1^ iscrizione
In onore di Dio Ottimo Massimo e a perenne memoria dei nostri antenati che, già da molti secoli a questa parte, si sono resi famosi, e in pace e in guerra, presso i Re di Napoli, dapprima sotto l’antico cognome dei Signori da Diano, secondo pur anco fra i Nobili del Sedile di Capua , quindi, col cognome mutato di Pescara di Diano, dal feudo di Pescara, ma pur sempre intatti conservando gli antichi stemmi; da principio Signori e feudatari dei castelli e delle terre di Ripa Candida, quindi di Aissano di Sanseverino, di S.Lorenzo, di Mottafollone, di San Sosti, di Tarsia, di Corleto, di Saracena, di Lungo, di Grottaminarda e di molti altri feudi fortificati in magna Grecia, nel Bruzio, in Irpinia e in Lucania, si resero splendidi non solo per queste antiche signorie, ma anche per molti illustri personaggi come Barnaba Pescara di Diano, cavaliere dell’Ordine di San Giacomo, Commendatore di Avellino, Duca della Cavalleria di Re Carlo I, che ebbe quale precettore e compagno d’arme lo zio paterno Giovanni Alfonso Marchese di Cassano e Conte di Larino, nipote del Granduca Giovanni Battista Castaldi; come l’Arcivescovo Marco Antonio Conzano (Abate del Monastero di Acquaformosa e poi Arcivescovo di Conza); come i Signori di San Lorenzo: Camillo, Angelo e Marcello, feudatari pure di altri castelli; come Annibale, primo duca della Saracena; come Giovanni Battista, secondo duca della Saracena, come Marzia figlia di Angelo, Beatrice Pandona, Sveva della Porta, Gerolama figlia di Ruggiero e Francesca d’Aragona; come Giovanni Francesco, terzo duca della Saracena, che per pietà verso i suoi cari, volle che i loro resti mortali, tumulati parte nella Cappella gentilizia di San Lorenzo, parte in quella di Sant’Albo, fossero trasportati e sepolti in questa Cappella da lui fondata, onorata e affidata alle cure dei discendenti, nonché consacrata con Olio Santo e dove morendo, volle che fossero sepolti anche i suoi resti mortali; come la madre Vittoria d’Aragona; come i fratelli Daniele e Giacomo, Cavaliere Gerosolimitano; come le sorelle Sveva e Gerolama; come Giovanna Sofia di Quintana, degna consorte del Magnifico Marchese Diego Bernardo di Matone, già Presidente della Sacra Cavalleria Napoletana e reggente della Cavalleria di Reggio.
Questa lapide è stata quivi posta, nell’anno del Signore 1699, da Giovanni Battista Duca della Saracena, capo della famiglia e Consigliere del Regno, per continuare la devozione degli avi e a memoria della figlia, prematuramente strappata alla vita; non senza aver stabilito per sempre annui suffragi per tale ricorrenza.
2^ iscrizione
A Dio Ottimo Massimo
Agli amatissimi figli, Andrea che iscritto al sodalizio di San Gaetano Thiene, avrebbe superato certamente, emulandolo, un altro Andrea, nato dai suoi antenati, primo per dignità e virtù dello stesso sodalizio, se non fosse morto a Napoli a 35 anni il 17 luglio 1689; Diego capo dei Calvitani, illustre per coraggio, saggezza, cultura, esperienza di vita che, lasciate le vanità della vita, il figlio e l’intraprendente moglie Donna Margherita Carnero, maggiore di tre anni del Calviziano, morì il 24 ottobre 1691, e le sue ossa traslate riposano qui; Domenico, che avrebbe vissuto con tutti i suoi in maniera tale che avresti considerato che non invano era nato né invano era sopravvissuto, qui muore a 33 anni e viene sepolto il 18 settembre 1694.
Giovanni Battista Pescara dei Diana, capo dei Saracenari, assegnato in questo Regno come Consigliere, a stento sopravvissuto a questo triplice acerbo lutto, il che al contrario doveva avvenire, pose nell’anno del Signore 1699.
*******
NOTIZIE STORICHE SULLE DUE CASATE
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Sempre della linea ducale, dal già citato P.F.Russo, in "Regesto Vaticano per la Calabria"- vol.X, si viene a conoscenza:
"Indulto per l'oratorio privato di JoFrancisco Piscara De Diano et Aragonia et Lucretia Riggio Branciforte".
Sempre della linea ducale, dal già citato P.F.Russo, in "Regesto Vaticano per la Calabria"- vol.X, si viene a conoscenza:
"Indulto per l'oratorio privato di JoFrancisco Piscara De Diano et Aragonia et Lucretia Riggio Branciforte".
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NOTIZIE STORICHE SULLE DUE CASATE
PESCARA DI DIANO TRATTE
DA PUBBLICAZIONI
G.B. DI CROLLALANZA “DIZIONARIO STORICO-BLASONICO DELLE FAMIGLIE NOBILI E NOTABILI ITALIANE ESTINTE E FIORENTI” vol.II Arnaldo Fuorni Editore
“Pescara di Napoli - Originaria del Piemonte e trapiantata in Napoli al tempo di Re Carlo I d’Angiò. Un ramo si disse di Diano del feudo di tal nome e si estinse XVI secolo; un altro ramo si estinse nella famiglia Capece; ed un terzo nei Morra. Ha goduto nobiltà in Napoli al seggio di Capuano, in Reggio Calabria, ed in Sanseverino, à posseduto 27 feudi, 2 contee, 3 marchesati e 3 ducati, ed à vestito l’abito dell’Ordine Gerosolimitano nel 1659. – ARMA: partito; nel 4° d’azzurro, alla fascia d’oro, accompagnata da quattro stelle di otto raggi dello stesso, e in capo e 1 in punta; nel 2° d’azzurro, al capriolo di rosso, bordato d’oro, accompagnato da tre stelle di otto raggi dello stesso. – Alias: Di rosso, a due caprioli d’argento, sormontati da due stelle dello stesso.
BERNARDO CANDIDA GONZAGA “MEMORIE DELLE FAMIGLIE NOBILI DELLE PROVINCE MERIDIONALI D’ITALIA” vol V, Arnaldo Fuorni Editore
“PESCARA.- Famiglia originaria del Piemonte venuta in Napoli ai tempi di Re Carlo I d’Angiò. Si crede che avesse preso nome dalla signoria di Pescara. Un ramo si disse di Diano dal feudo di tal nome e si estinse nel secolo XVI. Ha goduto nobiltà in Napoli al Seggio di Capuano, Reggio e Sanseverino. Vestì l’Abito di Malta nel 1659. Un ramo si estinse nella famiglia Capece ed un altro, Duchi di Calvizzano e di Bovalino finì nella famiglia Morra Principi di Morra. Il ramo della famiglia Giffone Marchesi di Cinquefrondi si estinse nei Pescara. Il ramo principale della famiglia Ruggiero si estinse in due femmine sposate nei Pescara e nei Gaetani. La famiglia Quintana nobile della Spagna finì in tre sorelle maritate nei Pescara, nei Tovar e nei Carnero.- Monumenti: Napoli nel Duomo e Diano nella Chiesa principale.- FEUDI: Bagnorosolo, Benestare, Brienza, Calvitano, Calvello, Camerota, Cammarano, Campora, Cirella, Copersito, Corleto, Diano, Fisciano, Giffone, Grottaminarda, Latronico, Lungro, Mottafollone, Pescara, Ripacandida, Roccaromana, San Lorenzo, Sampietro, Sansosto, Santangelo, Tarsia, Torchiara.- CONTEE: Piadene, Bimasco.- MARCHESATI: Cassano, Castelluccio, Cinquefrondi.- DUCATI: Bovalino, Calvizzano, Saracena.- PARENTELE: Angelo(d’). Ayerbo D’Aragona, Brancaccio, Capece, Carafa, Castaldo, Correale, Giffone, Loffredo, Marra (della), Morra, Pandone, Pignatelli, Porta, Quadra (della), Quintana, Reggio, Ruggiero (de), Santomango, Tufo (del), Zurlo.- AUTORI: Aldimari, Almagiore, Bonazzi (La nob. Delle prov. nap.), Borrello (MS), di Costanzo, de Lellis, Lumaga, della Marra, Gazzella, de Pietri, Ruffo, Sacco – Bernabeo Secreto degli Abbruzzi, 1284. Francesco Giustiziere di Calabria pel Re Roberto. Giovanni Giustiziere di Terra di Lavoro. Marino Regio Consigliere e Maestro Razionale della Regia Corte, prestò 500 once di oro al Re Carlo III di Durazzo. Marino Senatore di Roma 1390. Giov. Alfonso valoroso capitano in Lombardia. Barnaba Commendatore dell’Ordine gerosolimitano e Colonnello di Carlo V. Giov. Battista Consigliere del Collaterale. Mario Cavaliere di S.Giacomo della Spada, 1538. Innocenzo Balio dell’Ordine Gerosolimitano, 1556. Giacomo Cavaliere Gerosolimitano, 1659. Domenico Cavaliere Gerosolimitano, 1714. Antonio Cavaliere gerosolimitano, 1747. Raffaele Cavaliere Gerosolimitano, 1782. Giuseppe e Camillo Cavalieri Gerosolimitani, 1787.- ARMA: Di rosso con due caprioli d’argento sormontati da due stelle del medesimo.”
GENEALOGIA DELLA CASATA PESCARA DI DIANO MARCHESI DI CASTELLUCCIO COME SI RILEVA DALL’ARCHIVIO PRIVATO BAFFA TRASCI AMALFITANI DI CRUCOLI DA SANTA SOFIA D’EPIRO (CS), DAL MANOSCRITTO SERRA DI GERACE NELL' ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, DALLE INFORMAZIONI PRODOTTE DALLA FAMIGLIA PATERAS PESCARA, DALLA GALLERIA DEGLI STEMMI DEL PALAZZO MARCHESALE E DA ALTRE FONTI
GIOVANNI DE DIANO
Morto nel 1336
Signore di Diano – Giustiziere di Terra di Lavoro
Sposa Isabella D’Aquino figlia di Landolfo, Signore di Grottaminarda
“ Ioannes magnificus Regni….”-
Marino I Pescara Di Diano
(primo ad usare il cognome completo)
Giovanni/ Isabella D’Aquino-
Signore di Ripacandida
Vivente nel 1379
“Marinus Regius
Consiliarius…..(moglie) Flaminga Galliciana….”
Margherita
Figlia di Marino
Morta in giovane età-
Sposa Francesco Morra, Signore di Morra e Sanseverino di
Camerota, patrizio napoletano del Seggio di Capuana nel 1399
Angelillo
Figlio di Marino, Signore di Fessano nel 1445
Sposa Caterina Correale dei conti di Terranova
“Angelus Fessani Dominus……” (Fisciano o Aissano di S.Severino)
Marino II
Angelillo/ Caterina Correale
Sposa Giovanna Correale
Pietro Antonio
Angelillo/ Caterina Correale
Potrebbe essere quello che nella Galleria degli Stemmi viene citato
come Vescovo di Marsico
Cristoforo
Angelillo/Caterina Correale
Masella
Marino II/Giovanna Correale
Camillo I
Marino II/Giovanna Correale
-Barone di San Lorenzo-
Sposa Marzia (da alcuni è riportato Margherita, da altri Maria)
De Angelo figlia di Geronimo-
”Camillus – Martia de Angelo – 1496”
Roberto *** si veda nota a parte
Marino II/Giovanna Correale
Sposa Isabella Castaldo dei Marchesi di Cassano
“Robertus – Isabella Castaldo – 1510”
N.B.: le annotazioni in latino sono riportate dalla Galleria degli Stemmi del Palazzo Marchesale di Castelluccio, per i personaggi che vi sono citati.
Barnaba
Camillo/Marzia De Angelo
Capitano di Carlo V
Vivente nel 1536
“Barnabas eques S.Jacobi et ………”
Si veda la nota nelle iscrizioni della Galleria degli Stemmi-
ANGELO*****
Camillo/Marzia De Angelo
si veda nota a parte – capostipite della linea dei Duchi di Saracena
FABRIZIO –
FABRIZIO –
CAPOSTIPITE DELLA LINEA DEI MARCHESI DI CASTELLUCCIO
Camillo/Marzia De Angelo
Sposa Sveva Bigolta (….?)
“Fabritius …… 1534…….”
Camillo II – 1° Barone di Castelluccio
Fabrizio/Sveva ……
n……. +1603
“Camillus Dnus Castellucy et ………”
Nel 1570, con stipula in data 1° giugno, compra il feudo di Castelluccio dalla Regia Corte.
Alla morte del Barone di Castelluccio, Giovanni Antonio Palmieri, avvenuta nel 1565
senza eredi, il feudo tornò alla Regia Corte e fu acquistato dalla Duchessa di Castrovillari, Donna
Isabella Caracciolo, ma nel 1567 tornò alla Regia Corte. Nel 1595 il feudo contava n.356 fuochi,
senza eredi, il feudo tornò alla Regia Corte e fu acquistato dalla Duchessa di Castrovillari, Donna
Isabella Caracciolo, ma nel 1567 tornò alla Regia Corte. Nel 1595 il feudo contava n.356 fuochi,
circa 1.780 abitanti. Camillo, che viene nominato da G. Guida, nella storia di Aieta,
come Barone di Castelluccio in una notizia del 1580, sposò Laudomia Della Porta, dei
Marchesi di Episcopia, figlia di Ferrante e di Isabella........-
Marchesi di Episcopia, figlia di Ferrante e di Isabella........-
Cesare
“Caesar utriusque iuris Doctor primus Marchio Castellucy….”
I Marchese di Castelluccio
Camillo/Laudomia Della Porta
n…… +14-8-1623
Succede al padre nei diritti feudali e con il titolo di Barone -
Marchese di Castelluccio con titolo conferitogli da Re Filippo III di Spagna il 3 nov.1620 –Sposa in prime nozze Proserpina D’Afflitto, in seconde nozze Caterina De Rogerio – Il probabile committente della Galleria Storica del Palazzo Marchesale, il V Marchese di Castelluccio Don Carlo Francesco, ha voluto ricordare ai posteri, attraverso un gioco di stemmi sovrapposti, magistralmente rappresentato dall’artista decoratore, che la discendenza continuò dalla 1^ moglie del suo avo. Infatti, lo stemma dei Pescara che sovrasta l’iscrizione che viene dopo, è inquartato non solo con quello della famiglia Longobardo, ma anche con quello dei D’Afflitto, ad indicare che il Marchese Michelangelo è figlio di Proserpina e non di Caterina. Lo stemma sul portone d’ingresso è inquartato con quello dei De Rogerio, quindi, all’epoca in cui questo è stato apposto, Cesare Pescara era sposato con Caterina De Rogerio. Non è escluso che altri figli siano nati dal 2° matrimonio. Prosperina o Proserpina, che dir si voglia, dovrebbe essere figlia di Giovanni Girolamo morto il 9-3-1591, Duca di Castel di Sangro, e di Cornelia de Lannoy. Nella pala d’altare del pittore Felice Vitale da Maratea, illustrante la Madonna del Rosario (con sullo sfondo la Battaglia di Lepanto) ed eseguita probabilmente tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento, della Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Castelluccio Inferiore, è rappresentato, tra i santi domenicani ai lati della Vergine col Bambino, un personaggio femminile sicuramente di alto rango, che mentre nell’iconografia in uso illustrava Eleonora d’Austria, in loco rappresentava quasi sempre la moglie dei feudatari. Da “Arte in Basilicata” di Anna Grelle Iusco - ed. De Luca – 1981 – si riporta: ”…….è però degna di nota per gli inserti di paesaggio che anticipano lo squarcio di veduta fiammincheggiante della Madonna del Rosario di Castelluccio nella quale l’Eleonora d’Austria, con gorgiera vaporosa di trine, capelli infiorati di gemme e filze di perle, è in realtà un ritratto della dedicante.”
Michelangelo I
II Marchese di Castelluccio
“Michael Angelus……”
Cesare/ Proserpina D’Afflitto
Nocera (in cui vi erano possedimenti dei D’Afflitto) 22-2-1602/ + 15-8-1643-
Rileva (pagamento del relievo) il feudo nel 1625, per ducati 5.31.2.16 5/6, e nel 1639, come risulta dai Cedolari dei Feudatari di Basilicata. Sposa nel 1625 circa la gentildonna napoletana Maddalena Longobardo, figlia di Fabio, barone di Teana-
Maria Isabella (o Maria)
Cesare/Proserpina D’Afflitto
-nata nel 1600 o 1602-
Sposa il 3-3-1615 Pietro Antonio Baffa Trasci nato nel 1571,
figlio ed erede di Stefano Baffa e Theodolinda Trasci
figlio ed erede di Stefano Baffa e Theodolinda Trasci
Carlo Francesco I (seniore)
“D.Charolus Franciscus…..”
III Marchese di Castelluccio
Michelangelo I / Maddalena Longobardo
n….. + 10-1-1671
sposa Francesca Pescara Di Diano di Saracena
Rileva il feudo nel 1670.
(Maria) Vittoria
Michelangelo I/Maddalena Longobardo
n……. m…….
sposa Domenico Amalfitani 2° marchese di Crucoli
figlio di Jacobo e Vittoria Lucifero
(Crucoli 18-5-1633 / 30-11-1698)
figlio di Jacobo e Vittoria Lucifero
(Crucoli 18-5-1633 / 30-11-1698)
Nella “Storia della Diocesi di Cassano” del Padre Russo, vi è la seguente annotazione:”24-12-1663 – Antonio Pescara – chierico cassanese – 2° genito del Marchese di Castelluccio”
Michelangelo II
“Michael Angelus IV Marchio……”
IV Marchese di Castelluccio
Carlo Francesco I/Francesca Pescara Di Diano
n. …. + 5-8-1698
Rileva il feudo nel 1695.
Il 29 aprile 1686, per procura di Felice Sersale, sposò in Monopoli, nella parrocchia di San Pietro, Maria Sersale (vedova e seconda moglie di Antonio Giuseppe Sforza - 1626/1685. Da questa unione nacque un’unica figlia, Lucrezia Francesca -1685/1686)
[Gaetano Todaro – Monopoli – BA].
[Gaetano Todaro – Monopoli – BA].
Maria apparteneva probabilmente ai Sersale della Motta - duchi di Belcastro, che avevano possedimenti in Monopoli, anche se nella Galleria degli Stemmi viene menzionata come proveniente dai principi di Castelfranco (Castrolibero) e duchi di Cerisano.
Andrea
Carlo Francesco I/Francesca Pescara Di Diano
(il personaggio resta comunque di non facile collocazione, di certo c’è solo la dedica sulla lampada d’argento e la data 1693)
Francesco
Michelangelo II/Maria Sersale
Castelluccio 18-2-1687 + …………
Carlo Francesco II (juniore)
V Marchese di Castelluccio
“D. Carolus Franciscus ……”
Michelangelo II/Maria Sersale
n. 1689/90 + 23-10-1761
Rileva il feudo nel 1713 e nel 1735.
Sposa il 27-2-1708 a Cosenza Barbara Pascale, figlia unica ed erede di Saverio e Marianna Tauro da Cosenza.
Maria Anna
Carlo Francesco II/Barbara Pascale
Castelluccio 2-4-1714 +a Crucoli il……..
sposa a Castelluccio il 18 maggio 1732,
Giulio Amalfitani, Marchese di Crucoli
Domenico Saverio
Carlo Francesco II/Barbara Pascale
n. …….. + ………
Giovanna
Carlo Francesco II/Barbara Pascale
Castelluccio 1721/+ Napoli 7-4-1796, sepolta nel Duomo –
sposa il 25-12-1734 a Castelluccio, Alessandro Vitale, Duca di Tortora
e Barone di Trecchina, morto il 3 nov. 1767, figlio di Nicola e di Caterina Altomare dei baroni
della Valle del Cilento
Saveria
Carlo Francesco II/Barbara Pascale
Castelluccio 7-11-1729
-monaca alla Croce di Lucca, a Napoli, nel 1748-
Vincenzo Antonio
VI Marchese di Castelluccio
Carlo Francesco II/Barbara Pascale
-Capitano del 3° Reggimento Cacciatori della Guardia Reale -
Castelluccio 10-2-1731 / + Napoli il 10-7-1809
Nel 1761, alla morte del padre, ottenne l’ultima intestazione feudale nel Cedolario di Basilicata e rilevò il feudo nel 1762. A Napoli aveva abitazione in via S.Anna di Palazzo. Dai registri parrocchiali di San Nicola di Mira si viene a conoscenza della sua cresima avvenuta nel 1751, padrino fu Don Nicola Amalfitani, marchese di Crucoli, figlio di sua sorella Maria Anna. Sposa il 12-6-1752 a Barletta, Felicita Marulli, morta il 20-1-1806.
Caterina
Carlo Francesco II/Barbara Pascale
Castelluccio 20-9-1734
-monaca alla SS. Trinità a Napoli-
Luisa
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
nata…. 17.... /+ il 24-1-1856 a Salerno
- monaca -
Carlo Francesco III
VII Marchese di Castelluccio
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
Castelluccio 24-11-1754/+Napoli 27-6-1820
sposa l’11 agosto 1805 Maria Gaetana Dolci - di famiglia fiorentina (+15-11-1839), vedova di suo cugino Nicola Amalfitani (Crucoli 5-12-1734/Napoli 12-1-1803, il quale sposa in prime nozze Regale Della Porta, 6^ Marchesa di Episcopia, figlia di Carlo Francesco Della Porta (21-4-1701/+28-3-1759) e di Gabriella de Vargas Machuca, nata ad Episcopia il 12-11-1728 e morta a Crucoli il 4-1-1787.
Gennaro
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
nato ….. 17...../morto …….
(pare non vi sia discendenza)
Sposa a Crucoli il 25/12/1805, Clotilde Maria Leopoldina Baffa Trasci Amalfitani, nata il 25/12/1791 a Crucoli, morta a Napoli - sorellastra di Maria Giuseppa Amalfitani, sposata con il medico Luigi Antonio Taranto
Maria Amorisina
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
Castelluccio 2-2-1756
monaca a Napoli alla Croce di Lucca nel 1772
Maria Teresa
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
-monaca-
nata …. 1758/ morta il 7 giugno 1820 a Salerno
Marianna
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
nata a Castelluccio l’8-9-1760/ 27-1-1817 (non si conosce il luogo)
-Sposò il 13 maggio 1773 a Castelluccio, Michele Gentile - conte di Lesina, in seconde nozze sposò in S.Giacomo Maggiore a Napoli, il principe Antonio Raffaele Doria-governatore di Crotone, che prese parte alla Rivoluzione Partenopea del 1799 e fu giustiziato nel dicembre di quello stesso anno.
Camillo
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
nato a Castelluccio il 1°-11-1762/? + 7-1-1829
sposa il 16 marzo 1797 Doristella Messanelli dei Marchesi di Teana e Duchi di Castronuovo,
vedova di Emanuele d’Aquino, morta il 19-3-1842-
-Cavaliere Gerosolimitano nel 1789-
Maria Angela
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
n.1765/+27-4-1836 a Salerno
-monaca-
-monaca-
Giuseppe
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
Castelluccio 12-1-1770/+18-2-1853
sposa il ……… 180.. Marianna Cocciante /+ 12-9-1837 a Napoli – S. Ferdinando –
Cavaliere Gerosolimitano dal 14 settembre 1787
-Sottotenente del 2° Battaglione Cacciatori Reali –
Maria Vittoria
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
nata ….. 17.. /? + 4-5-1844
sposa il 31 marzo 1794, Ottavio Messanelli, Duca di Castronuovo e Marchese di Teana
Maria Rachele
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
nata a Castelluccio il 13-7-1773
Sposa il 16-12-1799 Don Gabriele Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli (1765-1770/+2-3-1816)
Da questa unione nasce un’unica figlia, Maria Giuseppa-
Morì di parto il 17-9-1800
Maria Giovanna
Vincenzo Antonio/Felicita Marulli
nata a Castelluccio il 6-10-1776/+ il 13-1-1839 a Nicastro
sposa a Castelluccio il 18 agosto 1806 Francesco Amalfitani dei Marchesi di Crucoli
Felicita
Camillo/Doristella Messanelli
n.24-2-1800/+22-9-1833
Maria Giovanna
Camillo/Doristella Messanelli
7-5-1802
morta infante
Vincenzo
Camillo/Doristella Messanelli
19-7-1803
morto infante
Vittoria
Giuseppe/Marianna Cocciante
n. ………. a Roma/+23-9-1878
Carolina
Giuseppe/Marianna Cocciante
Napoli 20-04-1813/+? 23-3-1889
Francesco
Giuseppe/Marianna Cocciante
n. ? 2-4-1811
morto infante
Camillo
Giuseppe/Marianna Cocciante
n. 19 settembre 1808 a Napoli – S.Anna di Palazzo/+?
Maria Giuseppa
Giuseppe/Marianna Cocciante
Napoli 15-1-1814/+?
Sposa il 6 marzo 1837 (o1867) a Napoli - Tommaso Arcieri
Nicola
Giuseppe/Marianna Cocciante
Napoli 6-12-1816/+18-1-1856
Gerardo
Giuseppe/Marianna Cocciante
Napoli 15-6-1819/+?
Maria
Giuseppe/Marianna Cocciante
Ronciglione (VT) 1808
+ Napoli 24-9-1868
sposa il 23 dicembre 1835 a Napoli, il patrizio napoletano Don Raffaele Milani Franco D’Aragona dei Principi di Ardore, Crotone 11-1-1806/Napoli 30-2-1884, figlio di Francesco e di Anna Filangieri
Vincenzo
Giuseppe/Marianna Cocciante
Ronciglione (VT) 11-8-1803/+ Napoli 21-12-1895 (o 1813/1889)
Silvia
Giuseppe/Marianna Cocciante
Napoli 18-5-1822
morta infante
Arrivarono in età adulta, così pare, solo quattro dei numerosi figli del Cavaliere Giuseppe: Carolina e Vincenzo – che non si sposarono, Maria Giuseppa – che pare si sposò in età avanzata, e Maria - sposata a Don Raffaele Milani, che pur avendo discendenza, non c’è continuità di cognome.
Michelangelo III
Carlo Francesco III/Maria Gaetana Dolci
VIII Marchese di Castelluccio
Napoli 31-7-1806/+ Napoli 1°-10-1889
Sposò il 30 maggio 1832 Maria Giuseppa Ghezzi dei Duchi di Carpignano, morta il 12 settembre 1868,
sposò in seconde nozze, Vincenza Mola, morta il 3 gennaio 1887
Marianna
Carlo Francesco III/Maria Gaetana Dolci
Napoli 7-6-1809
morta infante
Maria Luisa
Carlo Francesco III/Maria Gaetana Dolci
Napoli 3-8-1810/+Napoli 28-5-1865
monaca alla Croce di Lucca con il nome di Suor Maria Filomena
Antonio
Carlo Francesco III/ Maria Gaetana Dolci
Napoli 3-8-1813/+Napoli 17-7-1844
sposa il 27 ottobre 1837 Agnese Minieri-Riccio di Raffaele e di Maria Celeste......., m. il 3-9-1854
Vittoria
Carlo Francesco III/Maria Gaetana Dolci
Napoli 20-4-1808/+ 15-1-1837
Adele
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli 3-2-1864/+?
Gaetano
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli 1861
morto infante
Federico
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli ……
Elena
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli ……….
Aurora
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli ……./+? 22-9-1878
Sara
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli 1851/+? 6-6-1873
Elvira
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli 1847 /+?
Alessandro
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli 20-3-1846/+?
Clotilde Raffaella
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
IX Marchesa di Castelluccio
Napoli 17-6-1833/+1889
Sposò il 28 gennaio 1859 Luigi Garofalo dei Duchi di Rotino (+ 3-10-1874)
Il 22 maggio 1887 sposò in seconde nozze Pietro Cicelin Commeno.
Alla morte di Michelangelo, il titolo di Marchese di Castelluccio passò a Clotilde Raffaella, sola figlia vivente. Dopo la morte di quest'ultima, il suo unico figlio, Attilio Garofalo nato a Napoli nel 1859, fu decorato del titolo di X Marchese di Castelluccio, nel 1912. Quest'ultimo, cui spettò poi anche il titolo di Duca di Rotino, morì tra il 1912 e il 1920, senza discendenti. Di Clotilde Raffaella vi è un ritratto conservato a Napoli.
Filomena
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli 28-3-1837
-morta infante-
Carlo
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli 30-10-1835
-morto infante-
Maria Carmela
Michelangelo III/Maria Giuseppa Ghezzi
Napoli 13-7-1839 /+15-9-1884 a Napoli (Porto)
Sposa Salvatore de Lerris
Emilia
Antonio/Agnese Minieri-Riccio
Napoli 14-3-1842/+ ivi 22-2 1850
Matilde
Antonio/Agnese Minieri-Riccio
Napoli 11-3-1844
sposa il 28 gennaio 1869 Alfredo Chiaromonte
Adelaide
Antonio/Agnese Minieri-Riccio
XI Marchesa di Castelluccio
Napoli 14 dicembre 1840/+ Roma 1923
sposa il 23 agosto 1862 a Roma, Teodoro Pateras,
Ufficiale Garibaldino
Con lei si sarebbe estinto l’illustre cognome PESCARA DI DIANO della linea dei Marchesi di Castelluccio. I suoi figli produssero istanza per ottenere l’aggiunta del cognome “PESCARA” al cognome “PATERAS”, per loro e per i discendenti; ciò fu concesso con decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele III in data 4-12-1910. A lei, figlia di Antonio, fratello di Michelangelo, entrambi figli di Carlo Francesco e di Maria Gaetana Dolci, spettava il titolo di Marchesa di Castelluccio, alla morte di Attilio Garofalo avvenuta senza discendenti diretti.
Gustavo Pateras Pescara
Teodoro Pateras/Adelaide Pescara Di Diano
Napoli 25-2-1863/+Savona 1948/49
Sposa Alice ……..di nazionalità argentina
Cesare Pateras Pescara
Teodoro Pateras/Adelaide Pescara Di Diano
Roma 19-10-1873/+Velletri 4-7-1954
-celebre avvocato-
Sposò in prime nozze Clelia Boschi-Huber morta in giovane età, in seconde nozze Assunta Paciucci nata a Trevignano Romano il 14-8-1895 e morta ad Atene l’8-1-1985, figlia di un amministratore delle terre dei Chigi. Dopo un suo viaggio a Castelluccio negli anni venti del Novecento, incarica nel 1923 l’architetto Marcello Piacentini, per la costruzione a Roma in via Giulia, della palazzina Pateras Pescara. L’illustre architetto, su indicazione del committente, vi inserì alcuni elementi architettonici del Palazzo Marchesale di Castelluccio Inferiore. Oggi la palazzina, uno dei più bei palazzi di Roma, e dove domina lo stemma dei Pescara, è sede degli uffici dell’Ambasciata di Francia.
Raul Pateras Pescara
Gustavo/Alice.......
Buenos Aires (Argentina) 1890/+Parigi 1966
-Di professione avvocato, fu un pioniere dell’aviazione ed uno degli inventori dell’elicottero-
-Si qualificava e si faceva chiamare “Marchese di Castelluccio” e spesso aggiungeva ai due cognomi il predicato “di Castelluccio”-
Maria Adelaide Pateras Pescara
Gustavo/Alice.......
Enrico (o Henri) Pateras Pescara
Gustavo/Alice........
Teodoro Pateras Pescara
Cesare/Clelia Boschi-Huber
-attore di teatro, morto tragicamente-
Emma Pateras Pescara
Cesare/Clelia Boschi-Huber
sposa l’ing. Oberdan GIAMMARUSTI
Carlo Francesco Pateras Pescara
-XII Marchese di Castelluccio-
-XII Marchese di Castelluccio-
Cesare/Assunta Paciucci
Roma 10-3-1934
Sposa la Sig.ra PANAIOTA (Maria) SARZIS - greca -
Christian Pateras Pescara di Castelluccio
Raul/ ………
Nato a Bouches-du-Rhone (Francia) il 29-8-1939
Maria Grazia Pateras Pescara
Figlia di Teodoro (figlio di Cesare) e di ………..
- Roma -
Cesare Pateras Pescara
Carlo Francesco/ Panaiota Sarzis
Nato ad Atene nel 1974
La linea maschile dei Pescara Di Diano Marchesi di Castelluccio si estingue, quindi, nelle sorelle Clotilde Raffaella e Maria Carmela, e nelle loro cugine, Adelaide e Matilde, ma solo i figli di Adelaide aggiungono al loro cognome quello dei Pescara, anche se non completo per ovvie ragioni di brevità.
Ritratto, del 1893, di Adelaide Pescara Di Diano - 1840/1923
XI Marchesa di Castelluccio
(Conservato ad Atene - Grecia)
Per gentile concessione del nipote, Carlo Francesco Pateras Pescara. |
Immagini della palazzina Pateras Pescara, a Roma in via Giulia, con accanto la fontana del mascherone -
- Arch.Marcello Piacentini - 1923
*****
ORIGINE DELLA LINEA DUCALE DI SARACENA E LUNGRO, POI BOVALINO E CALVIZZANO
Seguono di padre in figlio:
ANGELO
Camillo/Marzia De Angelo
1° Barone di San Lorenzo dal 19-9-1542 – prima di tale data
1° Barone di San Lorenzo dal 19-9-1542 – prima di tale data
vi erano nominati solo come “dominus”
+ 7-10-1558 –
Sposa Beatrice Pandone di Giovanni Andrea-
Da’ origine alla linea ducale di Saracena e Lungro, feudi venduti il 27 giugno 1716, quando fu acquistato il feudo di Bovalino ed altri casali annessi, con titolo di Duca. I discendenti manterranno i due titoli ducali, quello di Bovalino e di Calvizzano, acquisito con il matrimonio di Diego Pescara Di Diano con Margherita Carnero, fino all’abolizione della feudalità. La linea ducale, che alla fine del Seicento rischiava di estinguersi per la morte prematura di tutti i figli maschi del duca Giovambattista e di sua moglie Giovanna Sofia di Quintana (già vedova del Marchese Diego Bernardo di Matone), si accrebbe di numerosi discendenti dal nipote Giovanni Francesco, figlio di Diego e di Margherita Carnero, che ancora oggi sussistono cospicui e si fregiano del cognome PESCARA DI DIANA o DIANO e PESCARA DIANO.
Marcello
2° Barone di San Lorenzo e Barone di Mottafollone
n. ? m. 28-2-1587
Sposa Sveva Della Porta figlia di Ferrante (figlio di Giacomo e di Sveva Dè Dragoniti), barone di Episcopia (poi Marchesi), e di Isabella..........-
Barone di Mottafollone per acquisto del feudo nel 1580, dai Sanseverino. I Pescara ne furono feudatari fino al 1605, quando fu venduto ai Firrao, in seguito passò ad altre famiglie.
Barone di Mottafollone per acquisto del feudo nel 1580, dai Sanseverino. I Pescara ne furono feudatari fino al 1605, quando fu venduto ai Firrao, in seguito passò ad altre famiglie.
Annibale
1° Duca di Saracena dal 12 agosto 1617
Il 24 aprile 1572 sposa Vittoria Perrone
Muore il 12 dicembre 1620
segue discendenza
***************
LINEA DETTA PESCARA-CASTALDO
Estinta per mancanza di discendenti maschi
Isabella Castaldo è forse figlia di Giovanni Andrea – patrizio di Nocera e di Cava, ed è sorella di Giovanni Battista - 1° Marchese di Cassano (Irpino) – 1° Conte di Piadena e Signore di Binasco, morto senza discendenti diretti. Ella ereditò i titoli del fratello, che trasmise al figlio Giovanni Alfonso; inoltre, tramandò ai suoi figli il cognome della sua casata, tanto che già il marito – Roberto - viene spesso nominato “PESCARA-CASTALDO”.
Da Roberto e Isabella Castaldo:
[A] MARCO ANTONIO
n. …. m. …..
sposa il 30 dicembre 1565 Beatrice Del Tufo
[B] LUCREZIA
n. ….. m. …..
[C] GIOVANNI ALFONSO
n. ….. m. ……
sposa Beatrice Brancaccio (Del Vescovo) - contratto del 3-2-1578,
già vedova di Giovanni Geronimo Carafa della Stadera
[A1] GIOVANNI ANDREA
n. ….. m. ……
sposa il 6 ottobre 1602 ………
[A2] GIOVANNI FRANCESCO
n. 3 sett. 1577 (Duomo)
[A3] MARIA
n. 11 ottobre 1565 (Duomo)
[A1a] BEATRICE
n. 23 febbraio 1605 (Duomo)
morta infante
[A1b] BEATRICE
n.20 agosto 1610 (Duomo)
[A1c] DIANA
n.28 dicembre 1611 (Duomo)
[C1] ANNA MARIA
Figlia di Giovanni Alfonso e di Beatrice Brancaccio
nata l'8 febbraio 1582 (S.Giovanni-Porto)
m. ?
sposa Antonio Capece
Castelluccio Inferiore 30/1/2011
Giuseppe Pitillo
Si ringraziano nuovamente: - il Marchese Don Atanasio Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli da Santa Sofia d' Epiro (CS) e il Marchese Don Carlo Francesco Pateras Pescara di Castelluccio - Atene - Grecia.
Si ringraziano inoltre:
-Dott.Angelo Pitillo - Castelluccio Inferiore
- sig. Francesco Filardi - http://www.opensoluzioni.it/ CONSULENZA E SERVIZI OPEN SOURCE francesco@opensoluzioni.it - Castrovillari (CS)
-Dott.Angelo Pitillo - Castelluccio Inferiore
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- sig. Antonello Celano - COMMUNICATION SERVICE S.N.C. - Castelluccio Inferiore (PZ)
- studio fotografico GI EFFE VIDEO di GIOIA M. F. - Castelluccio Inferiore (PZ)
- dott.Gianluigi Trombetti - Castrovillari - CS - per le informazioni storiche della Diocesi di Cassano
-la famiglia Aiello, di Castelluccio Inferiore, per aver consentito la pubblicazione delle foto di Vigna della Corte
- la famiglia Cataldo di Castelluccio Inferiore, che mi ha permesso la realizzazione delle foto della Galleria degli Stemmi
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